Giuseppe Tartini (Pirano, 8 aprile 1692 – Padova, 26 febbraio 1770) è stato un violinista e compositore italiano cittadino della Repubblica di Venezia, autore della celebre sonata per violino in sol minore Il trillo del diavolo. A lui è intitolato il Conservatorio di Trieste.
Nacque a Pirano in Istria, cittadina allora appartenente alla Repubblica di Venezia, il giorno 8 aprile 1692 da Giovanni Antonio Tartini, di origine fiorentina che prestava servizio come scrivano dei sali della Serenissima a Pirano, e Caterina Zangrando, di Pirano.
Entrò dapprima alla scuola dell’Oratorio di San Filippo Neri, ma essendosi ben presto distinto per le sue brillanti disposizioni, fu inviato a Capodistria per completare i suoi studi al collegio dei Padri delle scuole. Fu lì che ricevette le prime lezioni di musica e violino. Inoltre, l’arte della scherma gli divenne egualmente familiare, tanto che in poco tempo superò il suo maestro.
I suoi genitori avevano creduto di poterlo avviare alla vita ecclesiastica come francescano, ma non riuscendovi lo mandarono, nel 1708, all’Università di Padova per studiarvi giurisprudenza e intraprendere la carriera di avvocato. Le sue grandi capacità gli resero questo studio così facile che ebbe anche il tempo di perfezionarsi nella scherma e di segnalarsi per parecchi duelli. Questa passione divenne tanto forte che Tartini avrebbe voluto recarsi a Parigi o a Napoli per diventare maestro d’armi. E avrebbe certo messo in atto questo progetto senza esitare se non si fosse innamorato di una damigella, Elisabetta Premazore, nipote del cardinale ed arcivescovo di Padova Giorgio Cornaro, a cui dava lezioni e che Tartini, alla morte di suo padre, sposò in segreto il 27 luglio 1710 nella Chiesa del Carmine, attirandosi l’ira sia della sua famiglia che di quella del cardinale stesso. Non gli restò altra scelta che lasciare la sua sposa a Padova, che venne rinchiusa in un convento, e fuggire a Roma, travestito da pellegrino. Non trovando sicurezza in nessun luogo, errò di città in città finché trovò un rifugio sicuro presso il Sacro Convento di Assisi, il cui guardiano, padre Giovanni Battista Torre che era un suo parente, lo accolse e assecondò il suo interesse per lo studio del violino.
Dimorò due anni in questo convento e si applicò allo studio del violino che aveva quasi completamente trascurato a Padova. Le lezioni di Bohuslav Matěj Černohorský, celebre organista che in quel periodo esercitava presso il medesimo convento, qui chiamato semplicemente “padre Boemo”, completarono la sua iniziazione all’arte della musica. Un altro vantaggio che ebbe per lui questo ritiro isolato, fu il totale cambiamento del carattere: da violento e superbo che era, divenne amabile e modesto e perse per sempre, grazie a questa vita tranquilla, i difetti che erano stati all’origine di tutte le sue sventure. Il suo nascondiglio era rimasto a lungo sconosciuto; ma un incidente imprevisto lo fece scoprire: suonando il violino nel coro della chiesa, un colpo di vento sollevò la tenda che lo nascondeva alla vista dei presenti e fu riconosciuto. Tartini si credette perduto, ma quale fu la sua sorpresa quando seppe che il cardinale l’aveva perdonato e lo cercava per condurlo nelle braccia della sua sposa!
Nel 1714 si ritirò ad Ancona dove aveva trovato impiego suonando nell’orchestra del teatro “La Fenice” (il Teatro delle Muse non era ancora stato costruito). Qui ebbe modo di perfezionarsi sotto la guida di un eccellente musicista per altri versi sconosciuto: tale Giulio Terni. Ad Ancona, Tartini elaborò un modo nuovo di suonare il violino scoprendo il notissimo fenomeno del terzo suono (toni risultanti o toni di Tartini) ovvero della risonanza della terza nota dell’accordo, quando si fanno sentire le due note superiori.
Rientrato a Padova nel 1716, ebbe in quell’anno l’occasione di ascoltare un’esibizione, a Venezia presso casa Mocenigo, del famoso violinista Francesco Maria Veracini durante un concerto in onore del principe elettore di Sassonia, il futuro Federico Augusto III: Tartini rimase talmente colpito dalla sua tecnica ardita e nuova, che decise di ritornare nelle Marche per perfezionare soprattutto la tecnica dell’arco. Tra il 1717 e il 1718 praticò infatti nelle Marche dove figura essere stato anche primo violino nell’orchestra del Teatro della Fortuna di Fano.
Nel 1721 la Presidenza della Veneranda Arca di Sant’Antonio chiese a Tartini di prestare servizio presso la basilica. Tartini accettò ed il 16 aprile del 1721 venne messo a capo dell’orchestra di Basilica di Sant’Antonio di Padova, presso la Cappella Musicale del Santo, una delle meglio assortite d’Italia, all’epoca composta da quaranta musicisti, di cui sedici cantanti. Fu assunto senza dover superare alcuna prova, come era invece uso, e con la concessione straordinaria di potersi recare in altre città e nei teatri senza dover presentare richiesta scritta, la cosiddetta supplica, ma semplicemente chiedendo il permesso di assenza al Maestro di Cappella. Inoltre, le sue assenze non comportavano alcuna riduzione di onorario. Tuttavia, anch’egli veniva valutato nelle annuali riballotazioni, ossia quelle verifiche a cui la Presidenza della Veneranda Arca sottoponeva ciascun membro della Cappella musicale.
Nel 1723 fu chiamato a Praga per l’incoronazione dell’imperatore di Boemia Carlo VI, città dove rimase per ben tre anni con il suo amico Antonio Vandini, violoncellista al servizio del conte Ferdinand Francesco Kinsky.
Nel 1726, i problemi di salute causati dal clima praghese lo costrinsero a rientrare in Italia, assieme all’amico Vandini. Si stabilì quindi nuovamente a Padova, dove riprese la sua attività presso la basilica antoniana. A partire da quest’epoca nulla poté più convincerlo ad accettare di mettersi al servizio di uno straniero, per quanto vantaggiose fossero le proposte che gli venivano fatte. Grazie alla flessibilità del suo contratto di lavoro, poté esibirsi in numerose città: la sua presenza come musicista è testimoniata a Parma (1728), a Bologna (1730), a Camerino (1735), a Roma (molto probabilmente nel 1737), a Ferrara (1739), a Verona e, soprattutto, a Venezia.
Nel 1728 fondò a Padova la Scuola delle Nazioni, una scuola di violino nella quale Tartini poté formare molti allievi provenienti da tutta Europa e che in seguito divennero famosi violinisti: lo si chiamava il maestro delle nazioni e la sua scuola fornì grandi musicisti a Francia, Inghilterra, Germania e Italia. Pagin, ad esempio, si recò espressamente a Padova per formarsi sotto la sua direzione. Fra i suoi allievi, si annoverano Pietro Nardini, Pasquale Bini, Paolo Alberghi, Domenico Ferrari, Domenico Dall’Oglio, Joseph Touchemoulin, Carminati, Maddalena Lombardini, Lahoussaye e Capuzzi. Oltre tali nomi, deve essere ricordato, fuori dalla scuola strettamente violinistica, il più famoso dei suoi allievi, il compositore Antonio Salieri, che da Tartini prese lezioni durante i suoi anni giovanili a Venezia.
Attorno al 1740, Tartini strinse importanti amicizie con scienziati e personalità illustri, fra cui si ricordano Gian Rinaldo Carli, il di cui “Dialogo della musica antica e moderna” ne riporta la testimonianza diretta, padre Stellini, l’abate Gregorio Bresciani, l’abate Vincenzo Rota, che disegnò l’unico ritratto di Tartini a noi giunto, il marchese Angelo Gabrielli, il conte Giordano Riccati. Contatti frequenti ci furono anche con il conte Francesco Algarotti (le lettere di Tartini ad Algarotti sono di estremo interesse per la conoscenza delle sue idee) il quale lo mise a sua volta in contatto con Federico II di Prussia (per il quale Tartini scrisse un Concerto per flauto). Inoltre, ebbe contatti anche col matematico e fisico Leonardo Eulero e, probabilmente, con D’Alembert.
L’interesse di Tartini per le speculazioni teoriche fu costante per tutta la sua vita, al punto che egli si allontanò progressivamente dalla pratica compositiva e da quella esecutiva per dedicarsi assiduamente all’elaborazione dei suoi trattati.
Per tutta la vita fu oberato dalle continue ed insistenti richieste di aiuto economico da parte della famiglia a Pirano, testimoniate nelle numerose lettere conservate presso la sezione piranese dell’Archivio Regionale di Capodistria.
Tartini fu ufficialmente in servizio presso la Cappella Antoniana fino al 1765, anno in cui gli successe l’allievo Giulio Meneghini. Svolse l’attività di insegnante almeno fino al 1767 e continuò fino alla fine dei suoi giorni a perseguire lo scopo di perfezionare la sua teoria sul sistema armonico.
In età molto avanzata, fu colpito dallo scorbuto. Nardini, suo allievo favorito, partì da Livorno alla notizia della sua malattia e gli prodigò le sue cure fino all’ultimo momento. A causa di una gangrena alla gamba che l’aveva reso ormai infermo, Tartini morì il 26 febbraio 1770, un anno dopo la morte della moglie. Il suo corpo fu deposto nella chiesa di Santa Caterina a Padova, accanto a quello di sua moglie: una cerimonia funebre, ordinata dal suo successore, Giulio Meneghini, fu celebrata in suo onore nella chiesa dei serviti. L’abate Fanzago pronunciò il suo elogio e la cappella di Sant’Antonio eseguì un requiem di composizione di Vallotti.
Lasciò tutti i suoi scritti al suo protettore, il conte di Thurn und Taxis, chiedendo a padre Colombo

Testo: Liberamente tratto da wikipedia
Immagini: Google
Video: Youtube


Andrea Natile

Creatore di contenuti digitali di arte, musica, storia e scienza

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: