Gli anni Sessanta
Tra il 1960 e il 1961 compose finalmente la sinfonia per Lenin: la Dodicesima sinfonia è in realtà dedicata alla rivoluzione del 1917, più che al politico stesso. Anche in essa i movimenti hanno un titolo, richiamante ciascuno alcuni eventi o luoghi della Rivoluzione d’Ottobre. La sinfonia venne eseguita in occasione del ventiduesimo anniversario del PCUS. Se in patria ricevette una grande accoglienza, in Occidente fu duramente attaccata, sicuramente, per “accontentare” l’anticomunismo, ma anche per i contenuti con poca retorica.
Nel 1961 ebbe finalmente luogo l’esecuzione della storica Quarta sinfonia, sotto la bacchetta di Kirill Kondrašin. Fu uno straordinario e sincero successo e la critica esaltò l’opera come uno dei più grandi lavori del Novecento. Nel marzo venne eletto deputato del Soviet Supremo dell’URSS. Poco prima dell’esecuzione della Quarta, Dmitrij aveva cominciato a scrivere la sua Tredicesima sinfonia, su testi del poeta Evgenij Evtušenko, che parla principalmente di antisemitismo.

L’opera venne contrastata dalla Lega dei Compositori, in particolare da Chrennikov, ma nessuno alla fine riuscì a impedire la stesura dell’opera sinfonica. Questo piccolo scontro sarà l’ultimo della vita di Šostakovič: non verrà mai più osteggiato né dallo stato né dalla Lega dei Compositori. Alla prima esecuzione, nel dicembre del 1962, ricevette un’ovazione senza fine, con gli ascoltatori commossi sino al pianto. La sinfonia fu diretta da Kirill Kondrasin, direttore che successe a Mravinskij nelle esecuzioni delle prime di Šostakovič. I rapporti con Mravinskij si erano raffreddati dopo che questi aveva preferito non dirigere la Tredicesima. La stampa tacque sulla nuova sinfonia, visto che essa aveva toccato dei temi-tabù nella Russia ancora convalescente dallo stalinismo: l’antisemitismo, la persecuzione della satira, la lode della donna, il timore di fronte al terrore dello stalinismo e della vendita dello studioso al regime. Per alcuni anni la sinfonia sparì dai programmi delle orchestre, per riapparire solamente negli anni settanta, con alcuni versi cambiati.
In occidente, dove Šostakovič era visto come un compositore ormai asservito al potere, la Tredicesima venne ritenuta come un’opera di un artista divenuto nuovamente dissidente. Questo successo nel blocco capitalista fece sì che in patria Šostakovič venisse visto con diffidenza. Ma il potere cominciava ad essere cauto con il compositore, e non viceversa come in passato. Šostakovič riprese la Lady Macbeth, con il consenso del Ministero della Cultura: successivamente al cambio di titolo in Katerina Izmajlova e ad alcuni aggiustamenti fatti dal compositore, l’opera fu messa nel programma di molti teatri, e in breve tempo ottenne un immenso successo, che fece sì che l’opera venisse eseguita anche in molti paesi dell’Occidente. Nel 1962, a 58 anni, Šostakovič si sposò per la terza volta, con l’editrice Irina Antonovna Supinkskaja. Nonostante la grande differenza d’età, fu un matrimonio felice.
Nel 1963 Šostakovič musicò il film Ceremuskij, tratto dall’opera; arrangiò per orchestra i Due cori, op. 124; orchestra i Canti e danze della morte di Musorgskij, che dedica a Galina Višnevskaja; riorchestra il Concerto per violoncello di Robert Schumann, che dedicò a Mstislav Rostropovič; compone l’Ouverture su temi circassi e russi, per il centenario dell’annessione del Kirghizistan alla Russia; compose le musiche per il film Amleto, op. 116. Ricominciarono, per il momento solo all’estero, le messe in scena de Il naso.
Mentre peggioravano le sue condizioni di salute, Šostakovič compose il Nono quartetto (orchestrato da Baršaj come Sinfonia da camera, op. 118a) e il Decimo quartetto, dedicato alla moglie Irina, che lo assisteva sempre più. Su poema dell’amico Evtušenko, compose la cantata L’esecuzione di Stepan Razin, op. 119. Razin è un eroe popolare russo, capo della rivoluzione contro i boiardi del 1671. Poiché parla di una ribellione contro il potere, il testo non piacque al regime, che impose alcuni tagli all’opera.
Šostakovič diresse l’unica volta nella sua vita nel 1964: al festival di Gor’kij eseguì l’Ouverture festiva di Brahms e il proprio Concerto n. 1 per cello. Nel 1965, in seguito ad un ulteriore peggioramento delle condizioni di salute, Šostakovič compose solamente le musiche per il film Un anno, una vita, op. 120, e le Cinque romanze su testi della rivista “Krokodil”, op. 121. L’anno successivo completò l’Undicesimo quartetto, dedicato a Sirinskij, dello storico Quartetto Beethoven, e la Prefazione alle mie opere complete e brevi riflessioni in proposito, op. 123, in cui, con molta autoironia, parlava di sé.

Nel 1966 fu colpito da un infarto e si ruppe la gamba (la stessa fratturatasi anni prima, in occasione del matrimonio di Maksim). Nonostante ciò, compose (in ospedale) il Concerto n. 2 per violoncello, per il solito Rostropovič. L’anno dopo compose un ciclo su testi di Aleksandr Blok, per soprano, pianoforte, violino e cello, dedicandolo a Galina Visnevskaja, e il Concerto n. 2 per violino, op. 129, come regalo di compleanno per David Ojstrach. Compose anche, benché fosse ricoverato in ospedale, un canto dall’Evgenij Onegin, intitolato Primavera, primavera, op. 128; le musiche per il film Sof’ja Perovskaja, op. 132; il Preludio funebre-trionfale, op. 130, dedicato alla memoria dei caduti nella battaglia di Stalingrado; il poema sinfonico Ottobre, op. 132, per il cinquantesimo anniversario della Rivoluzione.
Nel 1968, terminò il Dodicesimo quartetto, op. 133, opera con contenuti dodecafonici, e la Sonata per violino, op. 134, dedicata al solito Ojstrach. Nel 1969 Šostakovič, molto malato (il braccio destro era praticamente paralizzato) cadde in depressione, a causa delle molte morti avvenute nell’anno: tre membri del Quartetto Beethoven (Borisovskij, Vasilij e Sirinskij), la sorella maggiore Marija, Lev Oborin, il regista Kozincev.
Gli anni Settanta
Šostakovič nel 1974, durante una pausa del Quinto Congresso dell’Unione dei Compositori sovietici, insieme ad un gruppo di compositori bielorussi
In questo clima molto triste, Dmitrij compose la sua Quattordicesima sinfonia, con temi riguardo alla morte. La dedicò all’amico Benjamin Britten, conosciuto anni prima. L’organico era molto particolare e prevedeva un soprano, un basso, archi e percussioni “accessorie” (ovvero woodblock, castagnette, frusta, 3 tom-tom, tastiere, campane, celesta). I testi erano di García Lorca, Apollinaire, Rilke e Kuchelbecker. Ricevette molti complimenti e ottime critiche, nonostante il mancante ottimismo tanto voluto dal regime. Orchestrò anche il Primo concerto per violoncello di Boris Tiščenko.
Nel 1970 Šostakovič ritirò diversi premi in tutto il mondo, nonostante le sempre peggiori condizioni fisiche. Mentre si trovava in ospedale, compose il ciclo Lealtà, op. 136. In agosto terminò il Tredicesimo quartetto, op. 138, le musiche per il film Re Lear, op. 137, e la Marcia della milizia Sovietica, op. 139. Nel 1971 compose l’enigmatica ultima sinfonia, la Quindicesima, un contenitore di ricordi e di citazioni di proprie opere passate e di lavori di Rossini (Guglielmo Tell, i famosi squilli di tromba del finale dell’ouverture) e Wagner (il Tannhäuser). Lo colpì un altro infarto, mentre scriveva il Quattordicesimo quartetto.
Nel 1973, rimessosi, compì diversi viaggi in Europa e in America, presenziando a diverse esecuzioni delle sue opere, ormai rappresentate in molti teatri del Continente. Al ritorno in Russia, gli vennero diagnosticati la progressiva paralisi degli arti e un carcinoma al polmone. Lavorò nell’estate 1973 al ciclo sulle Sei poesie di Marina Cvetaeva, op. 143. Nel 1974 tenne un discorso alla Lega dei Compositori e un mese dopo tornò in ospedale, dove compose l’ultimo quartetto, il Quindicesimo. Per l’esecuzione venne cercato un nuovo quartetto, date le morti dei membri del Quartetto Beethoven (era mancato anche l’ultimo ancora vivente, Sirinski).
Nel 1974 Šostakovič, tramite degli amici che erano stati in Italia, conobbe le opere letterarie di Michelangelo. Compose quindi una Suite su versi di Michelangelo Buonarroti, op. 145, con temi quali politica, amore e arte. I brani della penultima opera, le Quattro poesie del Capitano Lebjadkin, op. 146, sono tratti da I demoni di Dostoevskij. Nell’autunno a Mosca si rieseguì, dopo quaranta anni di ostracismo, Il naso: Šostakovič partecipò alla preparazione dell’opera e alcuni video, rintracciabili anche in rete, lo ritraggono stanco e molto malato. Stessa cosa farà per la Katerina Izmajlova, rappresentata a dicembre.
La riabilitazione e la morte
Agli inizi del 1975 procedette all’orchestrazione del Lied di Beethoven Il canto della pulce (op. 75 n. 3). Ad aprile venne ricoverato in ospedale. Il 6 luglio 1975 terminò di comporre la Sonata per viola, op. 147. Il lavoro contiene citazioni dall’opera I giocatori e dalla Sonata al chiaro di luna di Beethoven. La nota finale della viola, che svanisce in un emblematico morendo, fu l’ultima scritta dal compositore. In seguito all’ennesimo infarto cardiaco, il 9 agosto 1975, alle ore 18:30, Dmitrij Dmitrievič Šostakovič morì nell’ospedale di Kunzevo, lo stesso sobborgo moscovita dove era morto il “nemico” Stalin. I funerali di Stato si svolsero cinque giorni dopo, il 14 agosto. Parteciparono autorità politiche, familiari e moltissime persone, che diedero a uno dei più grandi compositori l’ultimo saluto. Il Maestro è sepolto nel cimitero di Novodevičij.

Testo: Liberamente tratto da Wikipedia
Immagini: Selezionate da Google
Video: Youtube

Andrea Natile


Andrea Natile

Creatore di contenuti digitali di arte, musica, storia e scienza

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