La situazione italiana è in questo periodo post-unitario difficile e lenta nello sviluppo della nuova corrente artistica francese. Per questo motivo molti pittori italiani furono affascinati dal nuovo stile e dall'apertura del pensiero parigino, in cui riscontrano una modernità introvabile nella loro patria.
Nondimeno il lavoro di macchiaioli come Sernesi, Cabianca, Borrani e poi Fattori degli anni Sessanta e Settanta dell'Ottocento, in contemporanea agli albori dell'impressionismo, è paragonabile nei metodi, nelle tematiche d'attualità e nello stile che persegue la luminosità naturale attraverso l'uso della macchia, e ne costituisce il movimento parallelo, con le dovute differenze di contesto sociale e di territorio.
I macchiaioli italiani conoscono Delacroix, Corot, Courbet e i Barbizonniers, e, come gli impressionisti, partono dalle ricerche di questi pittori. Dopo la stagione dei boldini, degli Zandomeneghi e dei de nittis, che potremmo chiamare impressionisti franco-italiani viste le loro lunghe permanenze parigine, permane in Italia una tradizione tardo
impressionista che si protrae nei primi tre-quattro decenni del Novecento, legata ora a Monet, ora a renoir ora a cezanne, espressa nell'opera di pittori come Francesco Filippini, amico e compagno di ricerche artistiche di Claude Monet, che si trasferirà a lungo a Parigi fin dal 1879 per divenire inizialmente il principale fondatore dell'impressionismo italiano, ma anche Emilio Gola, Arturo Tosi, Armando Spadini.
Una “declinazione” particolare e personale dell'impressionismo di tradizione francese viene inoltre introdotta dal pittore ferrarese Galileo cattabriga (Bondeno, 1901-1969).
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