Trasporto pianoforti

Temperamento equabile e inequabile

Il nostro orecchio è da sempre abituato ad ascoltare la musica con un’accordatura equabile, in cui i 12 semitoni dell’ottava sono tutti uguali. Ciò implica che i colori delle varie tonalità siano molto simili, e lo stesso brano può essere trasportato in altre tonalità senza particolari differenze. Così non era nel Settecento: allora gli strumenti a tastiera erano accordati secondo temperamenti inequabili, che comprendevano alcuni intervalli puri, con una maggiore differenza tra le varie tonalità. Questo consentiva agli ascoltatori di poter riconoscere ogni tonalità in base al colore, pur non avendo il cosiddetto “orecchio assoluto”.

Vi sono molte diverse tipologie di accordature inequabili: le più “radicali”, come quella pitagorica, non consentono di suonare in tutte le tonalità, in quanto alcuni intervalli sono completamente scordati, e dunque inascoltabili. Per la musica del tardo Settecento, si usano le accordature cosiddette “ben temperate”, ossia quelle che “temperano” bene le asperità, così che tutte le tonalità possano essere suonate senza troppe difficoltà all’ascolto, pur preservando le differenze tra ciascuna tonalità.
E questo il caso del temperamento Vallotti utilizzato nella mia incisione delle Sonate di Mozart. Si tratta di un temperamento circolare, perché, appunto, funziona con tutte le tonalità (dunque è un’accordatura “ben temperata”), ma dando comunque un colore che è ben diverso dal moderno temperamento equabile.

Oggi, purtroppo, il nostro orecchio ha perso l’abitudine a gustare le sfumature date dalle diverse accordature. Eppure basta un po’ di concentrazione nell’ascolto per affinare la propria sensibilità e scoprire una grande varietà di sfumature e inflessioni che derivano da una determinata accordatura. È un percorso di affinamento dell’ascolto che ricorda un po’ quello di chi si avvicina alla degustazione dei vini di qualità: inizialmente non si riesce a distinguere un Brunello da un Montepulciano, ma gradualmente il palato si affina e le differenze risultano molto più evidenti.

Nelle transizioni da una tonalità all’altra, sia che esse avvengano bruscamente o in modo graduale, è così molto più facile cogliere lo spostamento da un luogo armonico (ed emotivo) all’altro in modo molto più coinvolgente. Le armonie dissonanti suonano più stridenti e “dolorose”, enfatizzando la potenza drammatica e visionaria che già in queste prime Sonate è presente, e che le rendono, a distanza di quasi 250 anni, musica di grande forza e modernità.

Estratto liberamente da un articolo di Roberto Prosseda nel quale si propone un interessante ascolto Comparativo.

http://www.robertoprosseda.com/it/writing.php?section=90&subsection=195&fbclid=IwAR2D6tm1U7DvA_RG5LnEoAJARx89XVrGdN8KRvqd_9GlpuRkPvUb7iDW8cQ#txt-content

Andrea Natile


Andrea Natile

Creatore di contenuti digitali di arte, musica, storia e scienza

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