Nel pomeriggio di quel 4 agosto, allo stadio olimpico era presente anche il Cancelliere, Adolf hitler.
Ai Giochi olimpici di Berlino nel 1936 Luz Long era considerato uno dei favoriti per la medaglia d'oro nel salto in lungo.
Le qualificazioni del lungo si svolgevano in contemporanea alle batterie dei 200 metri piani. Owens, distratto dal partecipare ai due eventi, fece due nulli nei primi due salti di qualifica. Fu allora che Long gli suggerì, poggiando per terra un fazzoletto, di partire un po' più indietro, circa trenta centimetri, prima dell'inizio della pedana di rincorsa che lui conosceva molto bene. Jesse seguì il consiglio, e riuscì a qualificarsi per la finale.
Sappiamo tutti come andò, con 8 metri e 06, Owens vinse la medaglia d'oro proprio davanti al tedesco, che fu il primo a congratularsi con lui subito dopo il balzo vincente.
Il 3 agosto Owens aveva già vinto i 100 m piani, il 5 agosto vinse i 200 m piani. Il 9 agosto c'era la staffetta 4×100. Owens era pronto a rinunciare per lasciare il posto alle riserve: “Ho già vinto tre medaglie d'oro. Lasciamoli gareggiare, se lo meritano!”. Ma i suoi dirigenti, gli ordinarono di rimanere in pista.
Il record di quattro ori in una stessa Olimpiade fu eguagliato soltanto ai Giochi olimpici di Los Angeles nel 1984 da un altro fenomeno nero, Carl Lewis, che vinse quattro ori nelle stesse gare.
Dopo essere sceso dal podio del vincitore, passò davanti alla tribuna d'onore per rientrare negli spogliatoi. Il Cancelliere tedesco lo fissò e si alzò per salutarlo con la mano. Jessie rispose al saluto.
I giornali Americani scrissero però, che il Führer indispettito si era alzato ed era uscito dallo stadio per non stringergli la mano. Almeno per un giorno negli Stati Uniti d'america essere nero dell'Alabama non era una colpa.
durante quelle competizioni olimpiche Long e Owens ebbero modo di diventare molto amici e presero l'abitudine di scriversi.
Owens come milioni di ragazzi neri nel periodo della grande depressione americana, aveva dovuto arrangiarsi per vivere. Dopo la scuola lavorava in un negozio di scarpe e, quando aveva tempo, si allenava.
Nel 1933, ai campionati nazionali studenteschi, catturò l'attenzione del mondo dell'atletica americana con grandi prestazioni nella velocità e nel salto in lungo, e ottenere l'ammissione nell'università statale dell'Ohio.
Alle qualificazioni olimpiche del 25 maggio 1935, nell'arco di 45 minuti, al Big Ten meet di Ann Arbor, nel Michigan, stabilì i record mondiali di salto in lungo con la misura di 8 e 13, primo atleta della storia a superare la barriera degli otto metri, record destinato a durare fino al 1960. 220 iarde piane in rettilineo 20 secondi e 3 centesimi, 220 iarde a ostacoli in rettilineo 22 secondi e 6, primo uomo a scendere sotto i 23″, eguagliò quello delle 100 iarde con 9 secondi e 4.
In quella memorabile giornata aveva staccato il biglietto di partenza per i Giochi Olimpici che si sarebbero tenuti nel 1936 a Berlino.
Long era nato a Lipsia, nel 1913 ed era stato uno dei migliori saltatori tedeschi degli anni trenta. Ai primi campionati europei di atletica leggera che si erano svolti a Torino nel 1934 aveva vinto la medaglia di bronzo nel salto in lungo con 7 e 25, dietro al connazionale Wilhelm Leichum e al norvegese Otto Berg.
Ma dopo quelle Olimpiadi, in Germania, c'erano altre cose a cui pensare oltre allo sport. Allo scoppio della guerra fu arruolato nella Wehrmacht e mandato sul fronte italiano.
Morì a Biscari nell'operazione Husky, che vide gli Alleati sbarcare in Sicilia. Trovato da un suo commilitone sul ciglio della strada, fu portato nel più vicino ospedale da campo dove morì il 14 luglio 1943. Aveva solo trent'anni.
Nell'ultima lettera all'amico Owens, Luz aveva chiesto di andare da suo figlio e parlargli di suo padre. L'amico Jesse mantenne la promessa e qualche anno dopo, in omaggio a quel lungo salto era presente anche alle sue nozze.
Owens morì di cancro ai polmoni all'età di 66 anni a Tucson in Arizona.
Una via nella città di Lipsia, fu intitolata a Luz Long. Nel 1984 anche una strada di Berlino che passa proprio davanti allo Stadio Olimpico, venne ribattezzata col nome Jesse Owens.
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