La statua, forse un guerriero greco, è un frammento di un' che risale probabilmente al III secolo a.C., col volto e gli arti danneggiati. È probabile che si tratti di parte di un gruppo raffigurante Menelao che sostiene il corpo di Patroclo morente, del quale esistono altre repliche, tra cui una pressoché completa in marmo conservata nella Loggia dei Lanzi a Firenze.
Ritrovata nel 1501 gli scavi per la pavimentazione stradale della piazza durante la ristrutturazione di Palazzo Orsini per conto del cardinale Oliviero Carafa. Sotto la piazza che prima si chiamava di Parione ora di , c'era lo Stadio di Domiziano; si ritiene che la statua ne fosse un ornamento.
Presto si diffuse il costume di appendere nottetempo al suo collo, le “pasquinate”, satire in , dirette a pungere i personaggi pubblici più importanti.
I fogli si facevano beffe di signori, di Preti e Cardinali e persino dello stesso Papa Re. Era la sfida nei confronti del potere, della corruzione e dell'arroganza dei suoi rappresentanti; sfida nei confronti di un dilagante nepotismo e di una certa “prostituzione di lusso”.
Ogni mattina le guardie rimuovevano i fogli, ma ormai erano già stati letti dalla gente.
Diversi furono i tentativi di eliminarla e il primo fu Adriano VI (1522-1523), che tentò di disfarsene, ordinando di gettarla nel Tevere. Fu distolto dai cardinali che intravidero il pericolo di un simile “attacco” alla satira del popolo romano. Ci riprovarono Sisto V (1585-1590) e Clemente VIII (1592-1605) ma tentarono invano.
Altri, la fecero vigilare giorno e notte dalle guardie, ma le pasquinate apparvero ancora più numerose ai piedi di altre statue.
Benedetto XIII (1724-1730), emanò anche un editto con la pena di morte, la confisca e l'infamia a chi si fosse reso colpevole di pasquinate. Non era la prima volta; nel 1566, sotto Pio V, un certo Niccolò Franco era stato accusato e per questo, condannato a morte, era finito sulla forca.
Pasquino era la voce in versi del popolo di , contro il Vaticano; segnalava le umane modestie, e le malefatte di vescovi e prelati. La sua funzione si estinse con la fine del potere temporale.
Con la breccia di Porta Pia, il popolo romano si trovò di fronte nuovi tipi di sovrano, il Papa non era più Re.

Di fogli appesi, da allora, se ne videro solo saltuariamente. Ma nel 1938, in occasione dei preparativi per la visita di a Roma, Pasquino riemerse dal lunghissimo letargo per prendersi gioco della vuota pomposità degli allestimenti edilizi e scenografici, che ordinati dal Duce avevano messo la città sottosopra per mesi:

«Povera Roma mia de travertino
te sei vestita tutta de cartone
pe' fatte rimira' da ‘n imbianchino
ch'è venuto a farla da padrone!»
Categorie: Storia

Andrea Natile

Creatore di contenuti digitali di arte, musica, storia e scienza

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