“È giunto nella nostra Città un Sassone, eccellente suonatore di cembalo e compositore, il quale oggi ha fatto gran pompa di sé suonando l’organo nella Chiesa di San Giovanni, con stupore di tutti i presenti” (Francesco Valesio, Diario di Roma, 14 gennaio 1707).
Non si conoscono le condizioni e il percorso del viaggio che lo porta in Italia (Mattheson indica che avrebbe accompagnato un certo von Binitz). Per quanto riguarda il soggiorno italiano stesso che dovette durare tre anni e fu decisivo per l’evoluzione del suo stile e della sua carriera, le informazioni disponibili sono vaghe e incomplete, e si prestano a molte interpretazioni o presupposti contradittori.
Secondo John Mainwaring, nel 1706 Händel fece un viaggio in Italia su invito del granprincipe Ferdinando de’ Medici. Altre fonti dicono che Händel era stato invitato da Gian Gastone de’ Medici, che Händel aveva incontrato nel 1703-1704 ad Amburgo.
Ferdinando de’ Medici, che aveva un grande interesse per l’opera, stava cercando di fare diventare Firenze la capitale musicale d’Italia, attirando i talenti di spicco del suo tempo. Qui, Händel incontrò Alessandro Scarlatti, all’epoca a servizio di Ferdinando, e Giacomo Antonio Perti: probabilmente presenziò alle opere di questi due compositori rappresentati al teatro privato di Pratolino, come Il gran Tamerlano dello Scarlatti, o Dionisio re di Portogallo del Perti. Sembra che ognuno degli anni successivi abbia fatto altri soggiorni abbastanza prolungati a Firenze.
Händel visse dal 1706 al 1710 in Italia, dove raffinò la sua tecnica compositiva, adattandola a testi classici italiani; rappresentò opere nei teatri di Firenze, Roma, Napoli e Venezia e conobbe ed ebbe relazioni con musicisti coevi come Scarlatti, Corelli, Marcello. Nell’estate del 1708, fu ospite a Piedimonte Matese, presso il Palazzo Ducale, della nobildonna mecenate Aurora Sanseverino. A Roma fu al servizio del cardinale Pietro Ottoboni, mecenate anche di Corelli e Juvarra. Nel Palazzo di quest’ultimo, come nel prestigioso ambiente degli studiosi dell’Accademia dell’Arcadia, frequenta molti artisti e musicisti: Antonio Caldara, Domenico Scarlatti e Bernardo Pasquini, probabilmente Agostino Steffani. Il suo talento è ovunque apprezzato.
Dopo Firenze, per due anni fu ospite a Vignanello del marchese, poi principe Francesco Maria Ruspoli, presso il quale svolse, in condizioni di flessibilità, mansioni proprie di un maestro di cappella.
Sebbene di religione luterana, Händel non tardò a costruire le sue entrature con Ruspoli che era notoriamente uno degli uomini più influenti della città papale, e almeno con altri tre cardinali: Carlo Colonna, Benedetto Pamphilj e Pietro Ottoboni.
In Italia Händel incontrò il librettista Antonio Salvi, con il quale in seguito collaborò. Händel partì per Roma e, dal momento che l’opera era stata (temporaneamente) vietata nello Stato Pontificio, compose musica sacra per il clero romano. Il suo famoso Dixit Dominus (1707) è di questo periodo. Compose anche cantate in stile pastorale per gli incontri musicali nei palazzi dei cardinali Pietro Ottoboni, Benedetto Pamphilj e Carlo Colonna. Due oratori, La Resurrezione e Il trionfo del tempo e del disinganno, furono prodotti in un adattamento privato per Ruspoli ed Ottoboni rispettivamente nel 1709 e nel 1710. Rodrigo, la sua prima opera tutta italiana, fu prodotta nel Teatro del Cocomero di Firenze nel 1707.
Celebre l’aneddoto che vede Corelli, maestro di concerto del Cardinale Ottoboni, dirigere il primo importante lavoro italiano di Händel Il Trionfo del Tempo e del Disinganno, con il tedesco che si siede al basso continuo durante le prove dando segni di insofferenza per il modo con cui Corelli stava affrontando l’ouverture iniziale, e con l’italiano che risponde candidamente: “Ma, caro Sassone, questa vostra musica è nel stylo Francese, di ch’io non mi intendo”, ottenendo infine che l’ouverture stessa venisse sostituita da una sinfonia nello stile italiano. Può darsi che l’episodio narrato da Maiwaring non sia una leggenda, nel qual caso c’è da pensare che Händel si fosse in un certo senso lasciato prendere la mano dal sontuoso organico orchestrale che era stato messo a sua disposizione.
Invero gli anni italiani furono un periodo prezioso di formazione nella scrittura vocale e per gli archi, come si nota nella produzione successiva, dalla musica strumentale da camera a quella vocale sacra (oratori) e profana (melodramma). Tra i maggiori lavori del periodo, l’oratorio La Risurrezione del febbraio 1708 diretta da Arcangelo Corelli con la Durastanti nella residenza di Ruspoli a Palazzo Valentini; l’opera è celebre non solo per la sua bellezza, ma anche perché questa esecuzione è tra i pochi esempi di occasione musicale di cui siano rimaste informazioni tecniche sull’organizzazione, le spese, le scene, i cantanti e gli strumentisti, le cui dimensioni ricordano più un lavoro mahleriano rispetto ad uno cameristico.
Fra i componimenti religiosi: Dixit Dominus (Aprile 1707), Laudate Pueri Dominum, e Nisi Dominus (Giugno 1707), La resurrezione che è interpretato nel Palazzo del mecenate sotto la direzione di Corelli e con la partecipazione del Durastanti. Il successo è clamoroso.
Per i suoi mecenati o i collaboratori dell’Accademia dell’ Arcadia, compose un numero considerevole di cantate secolari (150 nelle parole di Micelli, di cui ne sono a noi pervenute quasi 120) così come sonate e altri musiche. Con ragionevole certezza, soggiornò a Venezia varie volte: lì avrebbe incontrato Domenico Scarlatti, così come le principali personalità che animavano la intensa vita culturale della città, fra i quali: Antonio Lotti, Francesco Gasparini, Tomaso Albinoni, forse Antonio Vivaldi e diverse figure influenti come il principe Ernesto Augusto di Hannover e il barone von Kielmansegg, che svolgerà un ruolo importante per il futuro della sua carriera.
Impeccabile nel susseguirsi delle varie fasi del racconto biblico, il controllo drammaturgico dell’oratorio da parte del compositore, che metterà da parte ogni formalismo per configurare e privilegiare il tratteggio di emozioni e di reazioni umane nel gioco musicale. La prima opera italiana di Händel andò in scena con successo, nel 1707 a Firenze: era Rodrigo.
Nel luglio 1708 a Napoli viene rappresentata la prima assoluta della serenata Aci, Galatea e Polifemo, commissionata dalla duchessa Aurora Sanseverino, tra i più importanti mecenati del regno.
Agrippina, la prima opera a giungere nella sua integrità ai nostri giorni, fu data per la prima volta nel 1709 al Teatro San Giovanni Grisostomo, di proprietà dei Grimani. L’opera, su libretto del cardinale Vincenzo Grimani, fu data per 27 notti in successione.

Testo: Liberamente tratto da Wikipedia
Immagini: Google Search
Video: Youtube


Andrea Natile

Creatore di contenuti digitali di arte, musica, storia e scienza

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