I 100 anni di Bruno Pontecorvo - Fisica e Matematica - Scienza&Tecnica - ANSA.itNon aveva ancora Quarant’anni, di bell’aspetto, sorridente e affabile, amante dello sport, ottimo giocatore di tennis, appassionato di pesca subacquea e di sci nautico, scelse di vivere in un posto freddo, molto diverso da quelli dove era nato e vissuto. Perchè?

In un’intervista con Miriam Mafai, quando ormai aveva ottant’anni, alla domanda della giornalista se si fosse pentito della scelta fatta quarant’anni prima, Pontecorvo rispose: “Ci ho pensato molto, a questa domanda. Puoi immaginare quanto ci ho pensato. Ma non riesco a dare una risposta”.

Nasce a Marina di Pisa, nell’agosto 1913 in una famiglia bene, di origini ebraiche, compie i suoi primi studi di ingegneria all’università a Pisa.
Nel 1931, Bruno si trasferì a Roma, dove incontrò Enrico Fermi e Franco Rasetti, in veste di esaminatori, nel colloquio di ammissione al terzo anno della Facoltà di Fisica in via Panisperna (aveva superato il biennio di Ingegneria). Dopo la prova di ammissione entrò a far parte del gruppo dei “Ragazzi di via Panisperna”; aveva solo diciotto anni e per questo era soprannominato “cucciolo”.
Nel 1934 partecipò agli esperimenti che portarono alla scoperta degli “elettroni lenti”, poco più che ventenne era entrato nella storia della Fisica che conta.
Nel 1936, si recò a Parigi con una borsa di studio per studiare presso Frédéric e Irène Joliot-Curie (genero e figlia di Pierre e Marie Curie) vincitori nel 1935 del premio Nobel per la scoperta della radioattività artificiale.
A Parigi Bruno incontrò la giovane svedese Marianne Nordblom che divenne dopo poco tempo sua moglie e da cui ebbe presto il primo figlio Gil. A Parigi nel clima del Front Populaire e della guerra di Spagna cominciò a interessarsi di politica. Gran parte dei suoi colleghi erano di sinistra, Irène Joliot era membro del governo del socialista Léon Blum, il marito Frédéric attivo comunista. Nella capitale francese era presente anche il cugino di Bruno, Emilio Sereni, intellettuale e dirigente del PCI, perseguitato in Italia dal regime fascista e rifugiatosi per l’appunto in Francia. Grazie a suo cugino, Bruno stabilì rapporti con tutta l’intelligencija politica emigrata a Parigi, aderì e si iscrisse al partito. Dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali del 1938 Pontecorvo, ebreo e comunista, era dovuto restare in Francia. Nel settembre del ‘39 scoppiò la guerra e nel giugno del ‘40, ci fu l’invasione di Parigi da parte delle truppe tedesche. Per gente come lui non c’era più posto nel Vecchio Continente e così decise di lasciare la Francia; scappò prima in Spagna e da lì riuscì a raggiungere gli Stati Uniti.
Nell’agosto del 1940 cominciò a lavorare in una compagnia petrolifera dove mise a punto una tecnica di introspezione dei pozzi petroliferi basata sul tracciamento dei neutroni lenti.
Negli Stati Uniti, probabilmente a causa delle sue idee comuniste, non fu coinvolto nel Progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica e nel ‘43 si trasferì in Canada per partecipare a ricerche teoriche nel campo dei raggi cosmici e delle particelle elementari ad alta energia,
Nel ’47 Pontecorvo, sulla scia di studi condotti anni prima da Ettore Majorana, portò avanti delle importanti ricerche sulla fisica del neutrino, diventando noto come uno dei più grandi esperti del settore.
Nel 1948, dopo aver ottenuto la cittadinanza britannica, su invito del fisico John Cockcroft (poi Nobel nel ‘51) si trasferì nei pressi di Oxford, dove aveva sede l’Atomic Energy Research Establishment, il principale centro di ricerche nucleari installato dal governo inglese; partecipò marginalmente al progetto per la costruzione della bomba atomica inglese e contemporaneamente si dedicò agli studi sui raggi cosmici.
In occasione delle sue numerose trasferte scientifiche, aveva conosciuto Klaus Fuchs, fisico condannato in Inghilterra per spionaggio in favore dell’Unione Sovietica.
Si era nel periodo di “caccia alle streghe” ed è lì che forse maturò la scelta di campo.

Nell’estate del 1950 lasciò la casa nei pressi di Oxford, senza avvertire nessuno; con la sua famiglia raggiunse in macchina l’Italia. Dopo un breve periodo Roma, l’intera famiglia prese un aereo con destinazione Stoccolma e da lì si imbarcò per Helsinki; destinazione Leningrado.
Nascosti nel bagagliaio di due auto i Pontecorvo attraversarrono la cortina di ferro. Entrati in Unione Sovietica e giunti a Mosca, furono sistemati in un comodo appartamento in via Gorkij. I sovietici si mostrarono gentili ma furono inflessibili per quanto riguardava la segretezza; per alcuni mesi furono costretta all’isolamento.
I Pontecorvo furono trasferiti a Dubna, città a un centinaio di chilometri dalla capitale dove risiedeva l’aristocrazia della Fisica sovietica. Gli fu affidata la direzione di una divisione sperimentale di Fisica Nucleare. Qui condusse le sue ricerche nella Fisica delle particelle elementari e, successivamente si occupò di Astrofisica.
Nel 1959, per primo dimostrò per via teorica l’esistenza di diversi tipi di neutrini (come ipotizzato nel ‘47). Nasceva così la Fisica dei neutrini ad alta energia; ma, usando l’acceleratore di particelle di Dubna, non riuscì a provare i risultati per via sperimentale. Soltanto agli inizi degli anni Sessanta, gli americani Leon Ledermann, Melvin Schwartz e Jack Steinberger confermarono le ipotesi del fisico italiano. Questa scoperta valse ai tre fisici il premio Nobel nel 1988. L’esclusione del fisico teorico che per primo aveva effettuato la previsione suscitò lo scalpore di una parte della comunità scientifica internazionale.
Cittadino sovietico dal 1952, l’anno seguente ricevette il Premio Stalin e dal ‘58 fu ammesso all’Accademia sovietica delle scienze. Soltanto nel 1955 tornò ad apparire in pubblico; in occasione di una conferenza stampa nella sede dell’Accademia, in cui il fisico raccontò la sua vicenda e le motivazioni dell’adesione al modello comunista, ribadì la sua estraneità ad ogni progetto di costruzione di un’arma atomica.
Per molti anni Pontecorvo non poté lasciare l’URSS e riuscì a ritornare la prima volta in Italia nel 1978 in occasione del settantesimo compleanno di Edoardo Amaldi; in quello stesso anno comparvero i primi sintomi del morbo di Parkinson che progressivamente, senza mai togliergli lucidità, gli intralcerà i movimenti.

L’amore per la sua seconda patria non lo abbandonò e così nel ‘93 volle tornare a Dubna. Qui, a causa del Parkinson, subì una brusca caduta dalla bicicletta e come conseguenza di una brutta fattura morì 24 settembre 1993.

Testo Andrea Natile
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Libri:

Copertina di: Il lungo freddo


Andrea Natile

Creatore di contenuti digitali di arte, musica, storia e scienza

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