Di talento precoce, iniziò la pratica dell’organo, della viola da gamba e della composizione polifonica con il maestro di cappella del Duomo di Cremona, Marc’Antonio Ingegneri. Già nel 1582, a soli quindici anni, pubblicò la raccolta vocale Sacrae Cantiunculae, cui seguirono nel 1583 i Madrigali spirituali a 4 voci, nel 1584 le Canzonette a 3 voci libro I, i Madrigali a 5 voci libro I nel 1587 e il II libro nel 1590.
Dal 1590 al 1592 Monteverdi operò alla corte di Mantova in qualità di “violista” (nell’accezione più ampia del termine, cioè di suonatore di strumento ad arco non meglio specificato: tuttavia è stato spesso associato al ritratto giovanile riprodotto in questa pagina, il cui soggetto imbraccia chiaramente una viola da gamba) e in quest’ultimo anno pubblicò il III libro de Madrigali. Nel 1595 accompagnò il duca Vincenzo I Gonzaga di Mantova in un viaggio in Ungheria e nel 1599 fu di nuovo al suo seguito nelle Fiandre, dove ebbe contatti con la musica di stile francese.
Il 20 maggio 1599 sposò a Mantova Claudia Cattaneo, cantante alla corte dei Gonzaga. Nel 1601 fu nominato “Maestro della musica” dal duca Vincenzo. I suoi compiti comprendevano l’insegnamento, la direzione di un gruppo vocale femminile e la composizione di lavori per il teatro, tra i quali ricordiamo il ballo Gli amori di Diana ed Endimione (perduto), per il Carnevale 1604–5, e l’opera Orfeo. Nel 1603 pubblicò il IV libro de Madrigali, cui seguì, di lì a due anni, il V libro.
Lo stile innovativo di queste ultime due raccolte suscitò vive discussioni, culminate nella celebre polemica con il monaco bolognese Giovanni Maria Artusi su alcune imperfezioni della moderna musica[2] imperniate sulla prima pratica e sulla seconda pratica. Brevemente, la critica mossa dal tradizionalista Artusi, allievo di Gioseffo Zarlino, era che i madrigali di Monteverdi fossero “aspri et all’udito poco piacevoli”, in quanto non osservanti le regole canoniche del contrappunto, e che dunque allontanassero la musica dal suo scopo, che è la pura “dilettatione”. Nella prefazione al quinto libro dei madrigali, Monteverdi assicurava di aver già scritta e pronta per le stampe una risposta alle accuse, dal titolo Seconda pratica, overo perfettione della moderna musica; questo testo, tuttavia, non fu mai pubblicato. Apparve invero una replica nella Dichiarazione che introduce gli Scherzi musicali, pubblicati nel 1607, portante la firma di Giulio Cesare Monteverdi, fratello del compositore. Vi si trova un’ampia trattazione pratico-teorica della “seconda pratica”, che riconduce alla teoria platonica della musica serva dell’orazione, dandovi un elenco di compositori che già l’avevano applicata.
Durante il carnevale del 1607, alla corte di Mantova, venne rappresentata la sua prima opera lirica: L’Orfeo, su libretto di Alessandro Striggio. L’opera, che era stata data in anteprima presso l’Accademia degli Invaghiti, ebbe grande ed immediato successo, e venendo ripresa a Milano, Cremona e, probabilmente, anche a Torino e Firenze.
Poco dopo l’uscita degli Scherzi musicali, Monteverdi tornò a Cremona per stare vicino alla moglie, gravemente ammalata (morirà il 10 settembre dello stesso anno). Il compositore si trovò così solo con i tre figlioli; poco propenso a ritornare a Mantova, ricevette una convocazione ufficiale da parte della corte ducale affinché partecipasse alle imminenti celebrazioni per nozze del principe Francesco IV Gonzaga con Margherita di Savoia. Per l’occasione, Monteverdi compose parte degli intermedi per L’idropica di Guarini, il Ballo delle Ingrate su libretto di Ottavio Rinuccini e una nuova opera, L’Arianna, sempre su libretto di Rinuccini. Quest’ultima fu rappresentata il 28 maggio 1608, e riscosse grande successo al pari della precedente; la parte di Arianna era sostenuta dalla grande virtuosa Virginia Ramponi-Andreini, nota come La Florinda, che mosse il pubblico al pianto con il Lamento di Arianna, unico brano dell’opera giunto fino ai nostri giorni. La permanenza di Monteverdi a Mantova non fu però priva di amarezze; oltre a sentirsi sottostimato dalla corte, mal sopportava la rivalità col fiorentino Marco da Gagliano, la cui Dafne era stata rappresentata durante il carnevale 1608 e aveva riscosso il plauso del principe (dal dicembre 1607 cardinale) Ferdinando Gonzaga.
Monteverdi tornò a Cremona in uno stato di profonda prostrazione, deciso a non lavorare più per la corte di Mantova, sennonché nel corso dell’anno 1609 riprese i contatti con il duca Vincenzo e si produsse in varie composizioni, tra cui la celebre Sestina e la versione polifonica del Lamento di Arianna (pubblicato più tardi nel VI libro dei madrigali), in parte ispirate dalla presenza a Mantova del soprano virtuoso Adriana Basile. La pubblicazione della sua Missa… ac vesperae (1610) fu seguita da un viaggio a Roma per presentare l’opera al dedicatario papa Paolo V. Probabilmente, nelle intenzioni di questo gesto vi era la speranza di un posto di prestigio a Roma, ma non ne venne nulla.
Intanto, i rapporti di Monteverdi con la corte dei Gonzaga si facevano sempre più tesi. Alla morte del duca Vincenzo, avvenuta il 18 febbraio 1612, gli successe il figlio primogenito Francesco, che si impegnò subito in un ridimensionamento del lusso della corte. Monteverdi aveva perduto il suo principale sostenitore: il nuovo duca non lo apprezzava altrettanto e il cardinale Ferdinando sosteneva il suo protetto, il tenore Sante Orlandi. Così, il 29 luglio Claudio Monteverdi, insieme al fratello Cesare, fu bruscamente licenziato e ritornò a Cremona in precarie condizioni economiche. Tuttavia, il 10 luglio del 1613 morì Giulio Cesare Martinengo, maestro di cappella presso la Basilica di San Marco a Venezia, e Monteverdi venne nominato al suo posto a partire dal 19 agosto.

Testo: Liberamente tratto da Wikipedia

Andrea Natile

Andrea Natile

Creatore di contenuti digitali di arte, musica, storia e scienza

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