Arcangelo Corelli (Fusignano, 17 febbraio 1653 – Roma, 8 gennaio 1713) è stato un compositore e violinista italiano del periodo barocco.
Considerato tra i più grandi compositori del periodo barocco, fondamentale fu il suo contributo allo sviluppo della musica strumentale, e in particolare alla sonata a tre e a quella solistica, come pure del concerto grosso, che portò ad alti livelli di equilibrio e perfezione formale. Lo stile introdotto da Corelli, disseminato in Europa grazie a musicisti che erano stati in contatto con lui, come Georg Muffat e Pietro Castrucci, e ad altri suoi seguaci come Francesco Geminiani, Pietro Locatelli e Francesco Antonio Bonporti, fu d’importanza fondamentale per lo sviluppo del linguaggio orchestrale e violinistico del primo Settecento in tutta l’Europa.
Nacque a Fusignano (oggi in provincia di Ravenna ma al suo tempo appartenente alla Legazione di Ferrara), nel 1653. Studiò con Giovanni Benvenuti e Leonardo Brugnoli a Bologna, una città che vantava eccellenti virtuosi di strumenti ad arco, come Giovanni Battista Vitali. Nel 1670 fu ammesso all’Accademia Filarmonica bolognese.
Nella prima metà degli anni Settanta si stabilì a Roma, dove la sua presenza è testimoniata per la prima volta il 25 agosto 1675, quando fu chiamato a suonare a San Luigi dei Francesi, in occasione della festa del santo titolare. Dagli anni successivi fu regolarmente chiamato in occasione delle maggiori solennità di questa ed altre importanti chiese romane, come S. Giacomo degli Spagnoli e Santa Maria Maggiore.
A Roma studiò composizione con Matteo Simonelli, compositore e cantore della Cappella pontificia noto anche come il “Palestrina del Seicento”. Per diversi anni la sua attività si svolse esclusivamente nella città papale, dove fu al servizio del cardinale Benedetto Pamphilj, da dicembre 1688 ad aprile 1690, ma che aveva servito in particolari occasioni fin dal 1684. Da aprile 1690 fino alla morte fu al servizio del cardinale Pietro Ottoboni.
Fu inoltre protetto dalla regina Cristina di Svezia, per la quale, fin dal 1679, compose sonate e sinfonie per considerevoli organici strumentali, destinate alle riunioni della sua Accademia reale in Palazzo Riario. Nell’ambito di queste riunioni si ricorda l’esecuzione, avvenuta nel 1687, di un’Accademia per musica di Bernardo Pasquini in onore dell’ambasciatore d’Inghilterra, con la partecipazione di centocinquanta archi, diretti da Corelli, e di un centinaio di cantori.
Nel 1694 fece parte del cosiddetto “coro d’Arcadia”, un gruppo di virtuosi che comprendeva, tra gli strumentisti, il clavicembalista Bernardo Pasquini; il violinista Matteo Fornari (allievo di Corelli e costantemente al suo fianco come secondo violino), i violoncellisti e compositori Giovanni Lorenzo Lulier e Giovanni Bononcini. Nel 1706, insieme con Bernardo Pasquini e Alessandro Scarlatti, fu ammesso nell’Accademia dell’Arcadia, con il nome di Arcomelo Erimanteo.
Nel 1702 Corelli venne chiamato a Napoli per esibirsi alla corte vicereale, ma sembra che sia ritornato amareggiato, perché umiliato dal maggiore successo di alcuni violinisti locali. A Roma continuò a essere chiamato come primo violino a capo di grandi orchestre per l’esecuzione di musiche sacre, oratori e serenate. Continuò fino al 1710 a prendere parte alle musiche straordinarie per la festa di S. Giacomo degli Spagnoli. La sua fama nazionale ed europea non venne però mai meno tra i contemporanei, e molti musicisti professionisti o dilettanti erano soliti frequentarlo nei loro soggiorni a Roma, e ne diffusero le musiche e lo stile in molti paesi europei.
La principessa Sofia Carlotta di Brandeburgo, futura prima regina di Prussia, a cui dedicò le Sonate a violino solo op. V (Roma, 1700), possedeva un suo ritratto, attribuito al pittore Francesco Trevisani (qui riprodotto) in un sala della residenza di Charlottenburg, nei pressi di Berlino, dove è tutt’oggi conservato.
Morì a Roma l’8 gennaio 1713 dopo una breve malattia di cui ad oggi non si conoscono le cause. Tre giorni prima scrisse un testamento (oggi custodito presso l’Archivio di Stato di Roma), dove – oltre ad elencare le sue proprietà – fa riferimento al fatto che sia lasciata libera scelta al Cardinale Ottoboni di seppellirlo dove a lui piacerà. Giuseppe Baini indica come luogo di sepoltura la Basilica di San Lorenzo in Damaso, mentre altre fonti fanno pensare al Pantheon, dove è anche presente un’iscrizione in memoria di Corelli. Fu il medico Girolamo Sorboli, già esecutore testamentario, a scrivere una lettera ai fratelli e al nipote per comunicare la morte del musicista nella quale si legge “Otthoboni […] ha fatto imbalsamare il suo corpo, e rinchiudere fra tre casse, una di piombo, la seconda di cipresso, e la terza di castagno, e così rinchiuso in queste casse si conserverà esposto in un deposito di marmo con la sua inscritione, fatto fare medesimamente dal sud.to Sig.r Card. nella Chiesa della Rotonda, e tutto questo a sue spese”. In ogni caso il cardinale Pietro Ottoboni, mecenate di Corelli, ottenne da Papa Clemente XI il permesso di far erigere un busto (scolpito probabilmente da Angelo De Rossi e oggi conservato nei Musei Capitolini) all’interno del Pantheon dove ancora oggi rimane un’iscrizione.

Caratteri delle opere
Arcangelo Corelli diede nuovo impulso alla forma della sonata a tre, pubblicando, tra il 1681 e il 1694, quattro raccolte, comprendenti ciascuna dodici sonate (Sonate da chiesa op. 1 ed op. 3, sonate da camera op. 2 e op. 4), le quali segnano un punto culminante dell’evoluzione di questa forma in Italia. Nella sonata a tre, Corelli sfrutta a fondo le caratteristiche al tempo stesso di brillantezza e cantabilità del violino, tanto nella forma da camera, destinata ad un organico di due violini e violoncello o clavicembalo e composta da 3 o 4 movimenti distinti in forma di danze (suite), che nella forma da chiesa, nella quale i due violini sono accompagnati da un organo e da un violoncello (o in alternativa da un arciliuto) che esegue una parte obbligata, spesso in funzione concertante alla pari coi violini. La scrittura, nobile ed espressiva, è sostenuta da un contrappunto vigoroso che ricorda lo stile di Giovanni Pierluigi da Palestrina, ed è caratterizzato da studiate dissonanze.
Nelle Sonate a violino e violone o cimbalo, op. 5, pubblicate nell’anno 1700, e dedicate a Sofia Carlotta di Brandeburgo (poi regina di Prussia), Corelli diede saggio anche della composizione per violino solo e basso. Le prime sei sonate dell’op. 5 sono del genere “da chiesa” e le sei successive in quello “da camera”. Conclude la raccolta una lunga serie di variazioni sull’aria della Follia. I dodici Concerti grossi, con duoi violini e violoncello di concertino obbligati e duoi altri violini, viola e basso di concerto grosso ad arbitrio, che si potranno raddoppiare: opera sesta, infine, pubblicata postuma ad Amsterdam nel 1714 con la curatela dell’amico, allievo e collaboratore Matteo Fornari, e dedicata al principe Giovanni Guglielmo del Palatinato (Johann Wilhelm von der Pfalz), costituiscono la raccolta più ambiziosa di Corelli. Come nell’op. 5, Corelli utilizzò materiale composto in vari momenti della sua ultratrentennale attività. Anche se venne stampata in un momento in cui ormai il gusto musicale si orientava verso le nuove vie del concerto solistico, l’op. 6 ebbe grande risonanza per il suo valore musicale, . Dei 12 Concerti grossi, 8 sono nello stile “da chiesa” e 4 in quello “da camera”. Il più noto della raccolta è l’ottavo, il Concerto grosso fatto per la notte di Natale, probabilmente eseguito durante la tradizionale cantata della notte di Natale nel Palazzo Apostolico alla presenza del pontefice.

Testo: Liberamente tratto da Wikipedia
Immagini: Google Search
Video: Youtube

Andrea Natile


Andrea Natile

Creatore di contenuti digitali di arte, musica, storia e scienza

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